di Paolo Pagliaro

Nonostante i suggerimenti delle task force, ancora non è ben chiaro come si intendono spendere o meglio investire in modo produttivo e coerente i 209 miliardi in arrivo con il recovery fund. Eppure non mancano certo i settori strategici bisognosi di sostegno.

Nella classifica europea relativa alla fornitura di servizi pubblici digitali, l’Italia si trova al diciannovesimo posto . Siamo diciassettesimi tra i paesi dell’Unione per grado di sviluppo delle connessioni. La rete fissa a banda larga ultraveloce copre il 30 per cento delle famiglie, contro il 44 per cento della media europea.

C’è poi il basso livello di investimenti in ricerca e sviluppo che in Italia rappresentano solo l’1,4 per cento del PIL, contro il 2,2 registrato nell’Unione europea. Siamo sedicesimi per la spesa in investimenti e ricerca nelle tecnologie verdi. E siamo gli europei con il minor numero di laureati e diplomati, anche se nei giorni scorsi abbiamo letto che secondo la Cgia di Mestre il nostro problema sarebbero i giovani troppo istruiti per il lavoro che fanno, e non piuttosto la mancanza di lavoro qualificato. La verità è che le iscrizioni universitarie nel Sud e nelle Isole sono calate del 25 per cento.
E’ la fotografia scattata dal Capo del Servizio Struttura economica della Banca d’Italia a beneficio della commissione bilancio della Camera. Ed è un’indicazione sul buon uso che dei fondi europei si dovrebbe fare.