di Isabella Marchiolo
Durante il lockdown abbiamo visto facce senza trucco né inganno. Meno selfie sui social, e in quei pochi che giravano nelle storie c’erano soggetti orgogliosamente nature: capelli selvaggi con la ricrescita, forme infagottate nei pigiamoni
casalinghi, ciabatte, barbe incolte. L’apparenza sconfitta dalla sostanza, il paradosso di un reale privo di filtri, che si imponeva proprio nel momento in cui ogni rapporto umano era confinato nella virtualità .
L’assenza era un formidabile catalizzatore di fascino, tutti sembravano bellissimi in tutona e occhiali fondo di bottiglia perché rappresentavano quello che avevamo perso e non potevamo più avere. I vip avevano fatto la loro parte: la sexy Diletta Leotta postava candidamente foto di una malriuscita tintura fai da te, e a ruota fioriva un tripudio di visi celebri dove labbrone, ciglia a ventaglio e decollété bombastici erano estinti in favore di teneri tentativi di sopperire all’estetista.
Non è durata, ovviamente. Il “libera tutti” ci ha restituito la solita corsa all’esibizione di corpi in posa, aggravata dal trend delle app abbellenti, che da gioco fugace si sono mutate in ossessione: giovinezza, chiome fluenti, cancellazione di difetti impazzano ovunque, da 0 a 90 anni. Al limite del ridicolo, perché se il filtro c’è, si vede. E non solo per le comuni mortali, in verità – già da tempo le socialite meno famose e sguarnite di assistenti digitali stellari sono sbugiardate da strane curvature dei paesaggi sullo sfondo delle loro foto da strafighe…
Ma chi perfetta vuol apparire è pronta ad ogni sacrificio, compreso un ferocissimo bodyshaming. Pervicace obiettivo finale la clonazione. Replicare le Igers o morte. Se usiamo i restyling di FaceApp siamo tutte uguali: lisce bamboline con boccucce a cuore e occhioni esotici. Le donne continuano a fare le spese di modelli di bellezza irraggiungibili, poco importa che siano palesemente irreali. O all’effatto opposto, sgradevoli. Nell’annunciazione del Covid contratto durante la movida sarda, la showgirl d’antan Antonella Mosetti pubblica a raffica selfie in cui somiglia sempre più a un replicante. Martina Colombari combatte l’avanzare del tempo con sedute di palestra che le hanno lasciato addosso un filo di pelle sopra i muscoli. Le starlette del Billionaire a vent’anni hanno facce di silicone che neanche le care vecchie pioniere della chirurgia estetica come la storica plastic icona Marina Ripa di Meana (una delle prime ad aver cambiato i connotati causa botulino).

Diciamolo, un tempo ci si rifaceva meglio. Oggi che la posta in gioco si è alzata, occorre aumentare le dosi. Perfezione di forme, elementi di attrattività sessuale iperbolici, esaltazione dell’improbabile canone che unisce magrezza e curve da cartone animato. Per definirsi bella la donna deve essere così e non ci sono sconti. Il corpo femminile è un oggetto al servizio di due inflessibili padroni: il desiderio maschile e i diktat della moda. Bianca Balti e pure Belen. Olivia Culpo e pure Aida Yespica. L’ibrido tra queste due esigenze è infernale e genera mostri. Prima bastava essere bone oppure magre, oggi no. Unico modello è un globale inarrivabile, che però donne e ragazze, combattendo con la depressione e i disturbi alimentari, si affannano a inseguire sui social. Tra le foto delle supermodelle e quelle dell’adolescente in vacanza c’è scarsa differenza. Stessa postura, stessa fisionomia, stessi bikini (ah, il marketing).
Rollare su Ig insieme a Irina Shayk è una bella botta di autostima. La “racchia” e nasuta Armine Harutyunyan rompe gli schemi con la sua diversità e dà fastidio, soprattutto alle donne. L’operazione di Gucci è furba e mendace (la ragazza non è davvero brutta ma sistemata ad arte per sembrarlo) ma necessaria a squarciare un velo. Scopriamo che la colpa non è soltanto dei maschilisti. Le donne sono le prime hater di chi osa diventare famosa ma non ha zigomi slavi e vitino di vespa. In una scena del bellissimo film “Indovina chi viene a cena”, la domestica nera incontra Sidney Poitiers, il fidanzato della figlia dei signori, e lo guarda in cagnesco disprezzandolo perché, appunto, pure lui nero ma medico affermato e promesso sposo di una bianca di buona famiglia.
Anche qui, nel mondo di Eva contro Eva, funziona in questo modo. E se non sei perfetta devi stare al tuo posto.
Eppure non è sempre così. Proprio dal web arrivano esempi confortanti. Non parlo di Arisa che si selfa i rotolini di ciccia o Aurora Ramazzotti che esibisce i brufoli – sebbene sempre apprezzabili, le campagne no filter e no Photoshop non sono una novità ma già da molti anni sostenute dalle star hollywoodiane (l’attrice Keira Knightley rivelò il ritocco digitale che le gonfiava il seno sulla locandina di “Pirati dei caraibi”).
Gesti che certamente aiutano, ma non bastano. A fare la differenza è invece chi rappresenta una bellezza non artefatta e ugualmente ha successo. Non solo facendo spettacolo tout court – per citarne una, la cantante Elodie incarna un’immagine non fotocopia, sensuale e di grande personalità al di là delle misure; a Sanremo, tra tante belle plastificate, è stata ammiratissima.

No, ora persino tra le influencer – nel regno dello sfrenato apparire, levigare, correggere – c’è voglia di normalitĂ . Chiara Ferragni, pur altissima e magrissima per genetica, non ha mai ceduto alla tentazione di aumentare la prima misura di reggiseno – anzi sulle sue tettine scherza, risponde a tono alle offese dei soliti odiatori e adesso svela anche la cellulite sui glutei che la rende a pieno titolo una di noi.
E ancora in zona Instagram e TikTok, la sedicenne Marta Losito ha 4 milioni di follower e lavora con grandi brand: non è una stangona ma un’esile ragazzina acqua e sapone con la faccia da furetto. Un segnale importante poiché a seguirla sono le nostre figlie, sue coetanee che grazie a lei si guardano dentro uno specchio accessibile, almeno riguardo il corpo. Saranno finalmente archiviati i tempi degli insulti a Vanessa Incontrada per i materni chili in più? La diavolita Melita Toniolo è fiera dei mutamenti fisici dovuti al post gravidanza e non nasconde il rilassamento addominale. Si chiama body positive e chissà se ne parleranno al Festival della Bellezza di Verona, al centro delle polemiche perché i relatori sono quasi tutti uomini (venti, non un paio). In compenso, la sola rappresentante del gentil sesso sarà l’attrice Jasmine Trinca, una “bella e possibile”. Le altre invitate pare abbiano dato forfait, dunque la parola passa ai signori, che forse stavolta potrebbero discutere dei canoni di bellezza maschile. Ma questa è un’altra storia.