di Enrico Granafei
Il mio dentista sta sulla 51esima strada, all’angolo con la Quinta Avenue. È` italo americano, Thomas Magnani, Una carie da curare fu l’unico motivo che mi spinse ad andare a Manhattan in un giorno di primavera inoltrata nel bel mezzo della crisi causata dal C OVID.

Era tanto che non facevo quei 20 chilometri che mi separano da NY City. Tutti i miei ingaggi erano stati annullati, così come quelli di tutti i musicisti che conosco e anche di quelli che non conosco. I locali erano chiusi, così come i ristoranti e i teatri.
La città ” che non dorme mai” non soltanto era in letargo ma era stata anche devastata dalle sommosse avvenute settimane prima un po` in tutto il paese.
Era impossibile trovare un negozio aperto. Dalla 51esima basta affacciarsi sulla Quinta avenue per vedere tutti i templi della moda, a destra e a sinistra nel raggio di pochi isolati: Tiffany, Louis Vouitton, Gucci, Dolce e Gabbana, Armani, Valentino, Ferragamo, Versace. Tutti chiusi e con le entrate coperte alla meno peggio da tavole di legno.
Dopo la seduta dentistica mi attardo ad esplorare la zona che conosco bene, Rockfeller Center, dove si allestisce l’albero di Natale più grande del mondo, la pista di pattinaggio dove feci la mia prima (e unica) esperienza di pattinaggio sul ghiaccio insieme a Totonno Chiappetta e alcune amiche che ci avevano gentilmente invitato nel lontano 1984.
Poi passo davanti a Radio City Music Hall dove ascoltai Renzo Arbore con l’orchestra italiana moltissimi anni fa`. E a fianco del teatro vedo la Scuola di lingue Berlitz dove insegnai italiano e inglese per un po`negli anni 85-86. Vengo preso da una leggera malinconia. I segni della pandemia e delle devastazioni di alcune settimane prima sono dappertutto.
Inutile dire che la Grande Mela in 36 anni non l’avevo mai vista così.

Eppure nonostante tutto c’era qualcosa di ancora familiare, di immutato nella folla variopinta che circolava come sempre anche se in misura notevolemente ridotta. Credo che il fascino di New York sia indelebile. Non a caso continua ad essere la meta preferita di migliaia di avventurosi artisti che vengono da tutte le parti del mondo soltanto per essere lì.
Tempi duri per i musicisti, Le tournee sono praticamente inesistenti per tutti. Faccio un colpo di telefono a Billy Hart, batterista storico di Miles Davis che ha anche suonato sul mio CD, gli chiedo come vanno le cose e se abita ancora a due isolati di distanza da me.
Non lo vedevo da più di un anno e mezzo, fu a Baltimora, lui suonava in un nuovo jazz club e io ero in quella città per una laurea. Ci demmo appuntamento e mi fece fare un giro del club. Ora Billy non suona più, come tutti del resto. Fa la spola tra un’università e l’altra continuando ad insegnare.

Ci facciamo quattro risate pensando al giorno in cui alcuni anni fà gli diedi una mano a ripulire il suo seminterrato inondato da un uragano che dalla Florida aveva deciso di spostarsi a nord. Io risucchiavo l’acqua con al pompa e lui la buttava in giardino con un secchio.
Una volta cominciato il lockdown proliferano i concerti live in rete, nessuno ne è immune, basta avere un iPad, tutti si esibiscono, compresi i musicisti famosi come Chick Corea e Al di Meola, tutti a suonare nell’intimità del proprio studio per sentirsi vivi, per essere sicuri che nonostante le difficoltà la loro musica continui ad essere fruita da qualcuno.
Anch’io comincio a fare concerti in rete con un pubblico considerevole che non mi sarei mai aspettato. Gli appassionati di musica segnano gli orari delle performance nelle loro agende. I concerti sono centinaia. Ci sono persone che passano giornate intere ad ascoltare musica, c’è chi mi fa sapere che ha rinunciato ad ascoltare Chick Corea soltanto per sentire me…..Una cosa lusinghiera direte voi, certo, ma tanto Chick Corea possono beccarlo comunque il giorno dopo, e tutto senza spendere un centesimo.
Poi piano piano alcuni cominciano timidamente ad istituire una “tip jar” che sarebbe come far girare il piattino, in versione digitale ovviamente! Lasciano il loro indirizzo email invitando il pubblico ad inviare mance tramite paypal. La monetizzazione delle attività musicali diventa progressivamente più organizzata. Si stabiliscono dei prezzi che vengono pagati in anticipo per avere accesso ai concerti.
Ci sono quelli che suonano insieme ai loro amici, cioè con registrazioni spedite preventivamente dai loro colleghi. Basta premere il bottone e avviare la registrazione.
L’ascoltatore vedrà l’artista suonare con musicisti invisibili. Sembra che suoni con un Abersold, quella collana di dischi concepiti un cinquantina di anni fà per poter suonare degli standard con una sezione ritmica.
Ma si va sempre un gradino più su`, cominciano a proliferare video in cui trii, quartetti e persino big Band vengono assemblati sullo schermo con video dei singoli musicisti che suonano lo stesso brano e lo spediscono a uno di loro che mette insieme i pezzi del mosaico. Quella del montaggio è sicuramente la parte più complessa!
Ma tutto ciò non basta. I musicisti vogliono suonare insieme, dal vivo, e ricominciano a farlo, sporadicamente e all’aperto, nel cortile di una biblioteca pubblica, davanti a un ristorante o nel parcheggio del loro palazzo, indossando rigorosamente la mascherina, tranne i fiati ovviamente!
Si intensificano gli incontri via zoom e anche le feste, due giorni fa` organizzammo una festa di compleanno per Ron Aprea, sassofonista che lavorò con Lionel Hamptom per anni e vanta delle partecipazioni con John Lennon. Varie coppie erano visibili sullo schermo, ognuno con il suo bicchiere di champagne in mano per brindare al festeggiato.
Ron dirigeva una big band che si è esibita nel mio locale, Trumpets varie volte.
Confessa che durante il lockdown ha scritto la bellezza di 24 nuovi arrangiamenti che non vede l’ora di poter suonare da qualche parte.
Devo ammettere di aver chiuso il mio locale al tempo giusto, un paio di mesi prima che cominciasse questo incubo. Ero comunque scoppiato, non riuscivo più a sopportare le responsabilità che comporta avere un locale.
E` strano come talvolta le cose sembrino andare misteriosamente nella direzione giusta anche quando la parola giusto può sembrare discutibile. Non ho sofferto molto durante questi mesi, non mi sono rammaricato eccessivamente degli ingaggi perduti, ne ho approfittato per studiare, per migliorare, per essere completamente pronto quando verranno tempi migliori. D’altronde un musicista non cessa mai di imparare. Una cosa è certa: quando il lockdown sarà solo un ricordo il livello tecnico dei musicisti sarà aumentato da far paura. Cos’altro può fare un musicista in questa situazione se non studiare e migliorare?