Sarà felice, lì dov’è adesso Andrea Frezza, del titolo di capitale italiana del libro attribuito alla sua Vibo Valentia, dove lo scrittore e regista aveva ambientato una trilogia di libri noir dalle atmosfere cinematografiche, ribattezzandola Vi.Va. , una sigla che richiama la scintillante Los Angeles.

E chi lo sa, pure questo genius loci letterario – Frezza l’amata tanto, Vibo – avrĂ  portato fortuna alla cittĂ  calabrese. La competizione culturale istituita dal ministro Franceschini l’ha premiata preferendo il suo progetto di promozione della lettura a quello di una ventina di concorrenti, quasi tutti candidati dal centro-sud. Non è un caso perchĂ© da Roma in giĂą gli indici di lettura calano a ritmi vertiginosi e purtroppo anche, secondo una statistica contestata e confutata di qualche anno fa, il rendimento dell’istruzione scolastica. Vibo è la cittĂ  della famiglia Rubbettino, titolare della piĂą importante e consolidata realtĂ  editoriale della Calabria (fino a trent’anni fa quasi unico nome associato ai libri a queste latitudini) ma pure del panorama meridionale. Poi l’attivissimo sistema bibliotecario diretto da Gilberto Floriani l’ha eletta polo regionale per le politiche culturali legate alla lettura – tra cui figura il festival “Leggere & scrivere”, molto orientato al territorio e strutturato in sezioni rivolte alla musica e alla letteratura per ragazzi con un programma continuativo di incontri nelle scuole. La scommessa vincente di Vibo è stata quella di proporre interventi per “far entrare prepotentemente il libro nella vita delle persone”, una vera e propria mission di contaminazione che immagina la lettura in sedi inconsuete, alternativi ai luoghi tradizionali di fruizione. E appare l’idea giusta al momento giusto perchĂ© siamo reduci da un anno e mezzo di segregazione forzata: l’antidoto a smart working e dad, ci dicono, è l’esercizio di attivitĂ  socio-culturali all’aperto, un riavvicinamento tra persone e anime per gradi e a rischio ridotto. A Macchiagodena, cittadina molisana diventata capoluogo dei borghi della lettura, per trasformare in principesse due destini da cenerentola (cultura e turismo) si sono inventati un soggiorno pagato dai visitatori regalando un testo: i singolari bonus vacanze cartacei faranno parte di una biblioteca en plein air in una centrale piazzetta dei libri.

La lettura, solitaria e introspettiva, è l’atto piĂą sicuro che esista, ma a differenza della passiva assuefazione televisiva, apre la mente. Persino curativa di ansia e traumi, come sostengono i nuovi professionisti della book therapy, mentre un recente studio dell’universitĂ  del Sussex ha misurato una riduzione dell’ansia del 68% dopo la lettura di un libro o un giornale. Insomma, in questo caso un eventuale contagio tra lettori è tutto a vantaggio della salute. Che una legittimazione, un endorsement ufficiale, fosse in corso si era capito quando nelle misure nazionali di emergenza il libro era stato elevato a bene essenziale, permettendo l’apertura delle librerie anche in zona rossa. Se poi oggi, nella speranzosa fase di uscita dalla pandemia, portiamo testi e volumi nelle piazze e creiamo aggregazione attorno alle parole anzichĂ© in discoteca, ecco che la proposta di Vibo ha fatto bingo. Chi l’avrebbe detto che questa semisconosciuta cittĂ  del Sud, la meno identitaria dell’immaginario folklorico calabrese, sempre ultima nelle classifiche nazionali di vivibilitĂ  e benessere, fosse culturalmente così “avanti”? Qui, per dirne una, da anni si aderisce al progetto inclusivo “Talent Empowerment Risorse e Reti per gli adolescenti”, che sperimenta un’impresa sociale con l’utenza finale di ragazzi e bambini. Altro che dad. Il trionfo come capitale del libro ora vale 500mila euro, erogati dal Centro per il libro e la lettura. Dalla teoria ai fatti bisognerĂ  rimboccarsi le maniche per abbassare quel disonorevole terzo posto (fonte Openpolis che si rinnova piĂą o meno identica dal 2016) dei bambini calabresi nella lista dei giovanissimi che non hanno letto neanche un libro nell’arco di dodici mesi. Nume tutelare, Dante, che nel tripudio del settecentenario, ci ricorda di rispettare la nostra natura che non ci vuole bruti praticando la conoscenza. Partendo, per una volta, da una prima della classe che lotta e resiste a Sud. 

Isabella Marchiolo