Non so dire perché nella mia mente c’era impresso che quell’11 luglio di quasi 40 anni fa ero al mare, a Cittadella, come ci sono adesso.

In verità non c’ero, ero a Cosenza e faceva caldo ma non tanto: da mese di luglio. Avevo la mia prima macchina diesel, una golf nera e giravo avanti e indietro: ne’ più ne’ meno di adesso. Un paio di mesi prima, per dire, avevo accompagnato mio zio a una visita specialistica vicino lo stadio Arechi a Salerno e al ritorno ci eravamo fermati al lago Sirino per un panino, poi la strada del Noce e costeggiare il Tirreno col sole splendente e qualche vela all’orizzonte. Due settimane dopo a Bari a riprendere un’anziana cognata che aveva nostalgia di casa e volle anticipare il ritorno. Sempre con audiocassette e radio al massimo: era uscito da poco Titanic di De Gregori (me l’avevano rubata, l’autoradio, rompendo un vetro, ma in quattr’e quattr’otto ne feci installare una ancora più bella).In programma, invece, c’era un tour che ci avrebbe portati ad agosto-per la prima volta-in Inghilterra e Scozia passando per Parigi: Chiara non aveva ancora sei anni, si sarebbe portato solo un giornalino e lo avrebbe letto e riletto fino a consumarlo, a Edimburgo avrebbe reagito impaurita al concerto di cornamuse sotto il castello a ferragosto e appena varcato il confine al ritorno avrebbe ordinato e spazzolato in un istante un piatto di tortellini panna e prosciutto, per poi sorridere beata: Finalmente si mangia. Marta sarebbe nata l’anno successivo, e a settembre, o era ottobre?, il Convegno a Bologna.

Fu quella dell’11 luglio del 1982, una partita esaltante, con la pipa di Pertini e le carte di Bearzot: sull’urlo di Tardelli non voglio aggiungere niente, mentre Paolo Rossi costrinse Mick Jagger a indossare la sua maglietta sul palco a Napoli in un concerto con ottantamila persone che ci inaffiavamo continuamente con una pompa tanta la canicola, pochi giorni dopo.Chiara era rimasta a mare con amici e noi, partiti da Cittadella alle sette del mattino, c’eravamo fatta la Costiera e pure il bagno a Maiori.Poi pieni di sale e ‘ntronati di sole piombammo al San Paolo, Fuorigrotta, di fianco al Politecnico, ch’era, ancora alle cinque, una bolgia. Canne (non idrauliche), di tutt’i tipi, barbe e barboni, zoccoli e zaini, gonnone e collane, grida e richiami, musiche e triccheballacche. Pure ‘o puorpo e la trippa, il melone e la porchetta.
Mancavo da qualche anno dalla capitale del sud ma la trovai sempre la stessa: radiosa come Julie Christie, misteriosa come Anouk Aimée, intrigante come Marlene Dietrich, altera come Grace Kelly. Accogliente come Stefania Sandrelli, insomma unica.
Era il mio primo concerto dal vivo importante, e fu una specie di Edenlandia: per ore me ne stetti a studiare il popolo del rock nel quale ero immerso fra miasmi pestilenziali di vario genere. Forse era quello il vero spettacolo. Me lo studiavo col binocolo e da qualche parte devo conservare più di una fotografia.

Quello musicale inizio’, era ormai notte, con una mascherata di Mick che s’era travestito da diavolo e fingeva, o faceva ‘o veramente, di telefonare mi pare di ricordare a Cutolo ch’era in carcere. Mentre Keith Richard svisava accosciato e gli girava ‘ntuorno, alla batteria e al basso, i soliti: imperturbabili, insostituibili. Ronnie Wood più pazzo che mai zompava com’un grillo e duettava ora con uno ora con l’altro.Gimmie Shelter!Poi dopo tre o quattro bis su quel palco enorme e pirotecnico, purtroppo dovemmo uscire. Lo show era finito.Come dio volle arrivammo a Cittadella, senza fare manco una sosta, verso le cinque del mattino: tutti dormienti tranne, forse, io. Chiara dormiva e facemmo in modo di non svegliarla: più tardi andammo a fare tutti il bagno.
Il mare era una tavola e una favola blu, in quell’estate di tanti anni fa. Quando c’era ancora qualche jukebox e le rotonde invece già non c’erano più. I Rolling sono ancora fra noi, gli azzurri sempre.
Massimo Veltri