Per rispondere ad una domanda frequente su cos’è la “sinistra” o, meglio, cosa è oggi la “sinistra” chi crede fermamente in quei valori non può che rispolverare una nota citazione di Ennio Flaiano: “Non chiedetemi dove andremo a finire perché già ci siamo.”

Nell’anno in cui si celebra il centenario della nascita del Partito Comunista ricorre anche il primo anniversario (il 20 settembre) della scomparsa di Rossana Rossanda, intellettuale fine e acuta, determinata e ribelle. La Rossanda, proveniente da una famiglia istriana irredentista, e con un passato da partigiana (il suo nome di battaglia era “Miranda”), è stata un personaggio di spicco del Pci, del quale era divenuta responsabile della politica culturale. E’ stata autorevole esponente dell’ala della sinistra “movimentista”, denominata anche “ingraiana”. Le lotte studentesche del ’68 la videro protagonista impegnata nel sostegno ai collettivi (a molti giovani questo termine non dirà quasi nulla) non solo con la pubblicazione di un saggio (“L’anno degli studenti”) che divenne un testo importante per capire la realtà di quegli anni. Gli intellettuali, all’epoca, non esibivano pennacchi, come avviene spesso oggi, ma contribuivano ad aprire le coscienze su seri problemi della società e della politica, nazionale ed estera. Era il 1969 quando manifestò i primi dissensi col Pci attraverso le forti critiche nei confronti del socialismo reale sovietico e dei Paesi del Blocco Orientale, e assieme a Lucio Magri, Luigi Pintor e Valentino Parlato gettò le basi per la nascita de “Il manifesto” (non ancora quotidiano, lo diventerà nel ’71, ma rivista).

Ci fu poi l’occupazione dell’allora Cecoslovacchia da parte dei Paesi del Patto di Varsavia, il Pci manifestò una certa ambiguitĂ , ma dalle colonne de “Il manifesto” (che la Rossanda all’inizio diresse assieme a Magri e che dirigerĂ in seguito) partirono bordate di condanna che (udite…udite) furono apprezzate anche negli ambienti cattolici e l’opinione pubblica, anche i comunisti ortodossi con tanto di tessera del partito, passato partigiano e lotte agrarie e sindacali, cominciò a porsi molte domande. Ma nel Congresso del Pci, che si tenne in quello stesso anno a Bologna, nonostante il parere contrario di Berlinguer e della sua corrente, i quattro “ribelli” e altri dissidenti vennero radiati senza possibilitĂ di appello. Il gruppo si costituì in partito, ma con scarsi consensi e con l’ostracismo del Pci, confluendo in seguito nel PdUP. In quegli anni “formidabili”, come li definì Mario Capanna in un suo noto testo, Rossana Rossanda non mancò mai di denunciare, attraverso il quotidiano, le realtĂ che i partiti di maggioranza e opposizione, spesso d’accordo, erano portati a celare. E quando dagli anni formidabili si passò ai tristi anni di piombo, con il rapimento di Moro nel ’78, scatenò l’inferno nei confronti del Pci, scrivendo su “Il manifesto”: «…omissis…chiunque sia stato comunista negli anni Cinquanta riconosce di colpo il nuovo linguaggio delle Brigate Rosse. Sembra di sfogliare l’album di famiglia: ci sono tutti gli ingredienti che ci vennero propinati nei corsi Stalin e Zdanov di felice memoria. Il mondo, imparavamo allora, è diviso in due. Da una parte sta l’imperialismo, dall’altra il socialismo. L’imperialismo agisce come centrale unica del capitale monopolistico internazionale.

Vecchio o giovane che sia il tizio che maneggia la famosa Ibm, il suo schema è veterocomunismo puro. Cui innesta una conclusione che invece veterocomunista non è: la guerriglia.» Il titolo di questo articolo, che uscì il 28 marzo, dodici giorni dopo il rapimento dello statista democristiano, era “Il discorso sulla Dc – L’album di famiglia e le BR”. Emanuele Macaluso, nei giorni successivi, su “L’Unità ”, organo ufficiale del partito, replicò duramente: «…io non so quale album conservi Rossana Rossanda: è certo che in esso non c’è la fotografia di Togliatti; nĂ© ci sono le immagini di milioni di lavoratori e di comunisti che hanno vissuto le lotte, i travagli e anche le contraddizioni di questi anni. Una tale confusione e distorsione delle nostre posizioni da parte degli anticomunisti di destra e di sinistra è veramente impressionante.» Se pensiamo alle sciocchezze (senza dire della caduta del peso specifico culturale) che ai giorni nostri “animano” la politica italiana, possiamo affermare che anche questioni interne all’area comunista facevano bene al dibattito, così come avveniva nella Dc, che aveva piĂą correnti di quelle che attraversano lo stretto di Messina, ed anche nel Psi, dove ai Nenni, Lombardi e De Martino era subentrato Craxi. Poi, sappiamo tutti com’è andata, e se ci troviamo qui a riparlare del valore della ribellione e della ricerca della veritĂ dei fatti della Rossanda, di Parlato, di Magri e di Pintor non è solo per nostalgia di un dibattito politico che fu costruttivo perchĂ© contribuì ad aprire le coscienze, almeno fino al 1992, almeno prima dell’avvio dell’era berlusconiana. A coloro che sono meno avvezzi a termini usati in questo articolo si consiglia la ricerca, anche sul web, riferita a “collettivi”, “socialcomunismo”, “Zdanov”, “Patto di Varsavia”, “lotte studentesche”…
Letterio Licordari