Sino a qualche tempo fa vedevo l’Anpi (Associazione nazionale partigiani d’Italia) come una nobile istituzione, ingiallita dal tempo e senza avvenire. Mi sbagliavo di grosso. L’Anpi può dare ancora molto.
È il presente e, soprattutto, il futuro. Un baluardo per la democrazia contro tutti i fascismi camuffati da vari sovranismi.

Ma se l’istituzione vuole rilanciarsi deve cambiare pelle, deve tornare all’antico, allo spirito del Cln, dell’arco costituente, con tutte le sensibilità democratiche presenti nella società. Un filone culturale più
che politico. Senza retorica e forzature. Oggi l’Anpi è largamente monopolizzata dai “comunisti”. Non si può far loro una colpa. Hanno colmato un vuoto e tenuta accesa la fiammella. Ma, credo, che ora bisogna cambiare registro. Occorre che rientri attivamente nell’organizzazione il pensiero cattolico, socialista, liberale, repubblicano, azionista, la tanto bistrattata “brigata ebraica”. È difficile, complicato, ma bisogna provarci. L’emergenza guerra ne offre l’occasione. Come? L’attuale presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo, già senatore cossuttiano, è contrario a sostenere con le armi l’Ucraina. Mentre sono favorevoli, tanto per fare qualche nome, la senatrice Liliana Segre, il presidente onorario dell’Anpi, Carlo Smuraglia, e l’ex segretario della Cgil, Sergio Cofferati. Mettere sulla bilancia questi due pesi e trarre le dovute
conclusioni. Il 25 aprile sta per arrivare.
Bruno Gemelli