Ci sono storie per molti versi parallele. Ma l’epilogo è spesso diverso. Come nel caso di Raf Vallone e Vittorio Staccione. Entrambi sono stati calciatori, il primo ha vestito la maglia del Torino, la stessa che ha indossato Staccione prima di quella della Cremonese, della Fiorentina e del Cosenza.

Entrambi sono stati antifascisti, dichiarati avversari di un regime che avevano intuito essere deleterio per le sorti dell’Italia. Vallone riuscì a fuggire e a scampare alla deportazione. Partecipò alle lotte partigiane, curò la terza pagina de “L’Unità” e pubblicò la notizia dell’Italia liberata, divenne in seguito attore affermato di cinema e teatro. Staccione smise di giocare, non era piĂą lui a causa del dolore per la prematura scomparsa, durante il parto, della moglie e della figlia appena nata, e tornò a Torino, per lavorare alla Fiat Grandi Motori Navali. Fu parte attiva nelle lotte e negli scioperi degli operai e venne preso di mira dai gerarchi fascisti. Sostenne la Resistenza e non si tirò indietro quando seppe che era ricercato quale pericoloso oppositore politico. Fu internato a Mauthausen, dove venne sottoposto a torture, e morì a Gusen per una ferita andata in cancrena. Nove giorni dopo morì, anche il fratello Francesco, anch’egli internato.



Due storie, due epiloghi diversi, ma con un unico comune denominatore: la lotta alle prevaricazioni e alle dittature per far prevalere il nobile concetto della libertĂ  e della democrazia, ma soprattutto il rispetto di ogni essere umano.

Letterio Licordari