La musica come messaggio di pace, e poco importa stavolta se la qualità musicale va a farsi benedire. La vittoria annunciata dell’Ucraina all’Eurovision Song Contest 2022 è stata un gesto di cuore, un atto necessario di unanime solidarietà . Votando per la Kalush Orchestra l’Europa ha voluto dire “noi ci siamo e siamo con voi, contro la guerra”.

Ma era prevedibile che questo epilogo del festival trascinasse un codazzo di polemiche tra le due correnti di pensiero sul conflitto in corso – battibecchi a vari livelli di competenza che sui social neanche la musica riesce a tacitare. La fake news di attacchi informatici russi per impedire il voto a favore della band ucraina; le congratulazioni della Nato; Zelenski che evoca un futuro senza bombe per la prossima edizione di Eurovision a Mariupol; e persino un ispirato Cristiano Malgioglio che invita le radio italiane a trasmettere “Stefania”, il (bruttissimo) brano vincitore.
Insomma, è stata solo ruffianeria o, peggio, benaltrismo ipocrita? Il trionfo di artisti che fuori dal caso eccezionale non lo avrebbero meritato è un pietismo insopportabile e quasi offensivo, oppure una canzone può davvero contribuire a fermare la guerra? Probabilmente no, non può. Ma è importante che provi a farlo, ed era giusto così. Il videoclip del brano è stato girato tra le macerie di Irpin e Bucha, e i giovani Kalush hanno dedicato il premio alle madri ucraine con i figli sotto i bombardamenti. Un finale emozionante (lo sarebbe stato di più senza l’esclusione della Russia, una decisione sbagliata e divisiva).
Per il resto, “Stefania” è una pessima canzone (un caotico ibrido tra folk dell’est, rap e coro polifonico), però il responso non musicale ma di cuore e di pancia non è poi questo grande scippo. E’ noto che Eurovision sia un contenitore di culture, un colorato carrozzone di proposte artistiche improbabili e stravaganze varie, e quest’anno non ha fatto eccezione. Il leitmotiv qui è da sempre l’alternanza tra sonorità locali e provocazioni rockettare, ma in pochi hanno usato con orgoglio la loro lingua, in favore di un europeista inglese; e ogni anno, genuflettendoci di vergogna davanti agli Abba, viene da chiedersi quale orrenda musica circoli in Europa, tra autotune, campionamenti vetusti e l’eccesso di cantanti etno. Noi italiani un po’ ce la sentiamo, e a ragione: nei nostri annali ci sono Toto Cutugno, Gigliola Cinquetti e i Maneskin, che nella scorsa edizione saranno sembrati divinità in terra, ma soprattutto la fantastica coppia del 1984, Alice e Franco Battiato con “I treni di Tozeur”.
Tornando ad oggi, menzione speciale 2022 a qualche bella voce, come la svedese Cornelia Jakobs, e ai norvegesi Subwoolfer con una scenografia spaziale e il costume da banana che richiamava il titolo del brano dance deliziosamente anni Ottanta.
In Italia, padrona di casa della manifestazione, si è scatenata una vera Eurovision mania. Tutti pazzi per il festival, con tifo patriottico da stadio, delirio per Laura Pausini e Mika, ambasce per le stecche di Mahmood e Blanco e il defenestrato Achille Lauro, a cui non sono bastate le solite scandalose scenette con il toro meccanico e il chitarrista limonato in diretta. E’ stato un festival molto fluid gender, con le splendide gonne di Mahmood ma anche Malgioglio a ruota libera con le sue memorie di fidanzati in ogni porto. Sarà colpa della fantomatica lobby gay, ma tanti bei ragazzi poco vestiti per una volta hanno allietato il female gaze.
Isabella Marchiolo