Mi si chiede, e da più parti, di dare uno sguardo alle amministrative di Catanzaro. Eh, come se fosse facile! Io, però, ci provo, aggiungendo agli occhi una lente di ingrandimento ed al mio punto di osservazione una finestra da cui guardare un po’ più lontano dal fatto elettorale in sé. E parto da questo soffermandomi sulle cifre: sei candidati a sindaco, sei schieramenti corrispondenti, settecentocinquanta candidati al consiglio comunale.

Fossimo in una delle regioni più progredite del mondo occidentale saluteremmo questi dati come un grande elemento di partecipazione democratica alla vita politica ed amministrativa. Siamo però in Calabria, una regione debole in tutto, ancora ultima in tutte le classifiche della qualità della vita. Una regione debole paradossalmente perché ha un capoluogo debole. Un capoluogo anch’esso ultimo nelle stesse graduatorie. Da dove nasce tutta questa debolezza? Dal classico Dio minore fazioso e dispettoso? Da un diavolo più forte della Santità? Ovvero, come la quasi antropologica lamentosità calabrese reclama, è colpa del solito governo ladro o dell’asse Roma-Milano su cui si consuma la consueta discriminazione nei confronti dei calabresi? Per i più superficiali e distratti è facile rinchiudersi irresponsabilmente entro uno di questi stereotipi. Dalla mia finestra vedo tutt’altro. Vedo che la gran folla scesa nel perimetro elettorale non rappresenta un segnale di forza, vieppiù di debolezza. Essa non sembra manifestarsi come spirito di servizio alla collettività, quindi come adesione ad una procedura decisionale che richiede un libero confronto di opinioni e di ideali, ma, al contrario, la conseguenza di un vuoto politico che si è determinato a seguito della crisi dei partiti tradizionali, come ben documenta la divisione all’interno dei tre ambiti politici rappresentativi. Il centrodestra si presenta diviso e addirittura occultato in diversi schieramenti, stessa frammentazione caratterizza il centrosinistra mentre, il cosiddetto civismo, per il vuoto di ideali che attualmente lo sostanzia, risulta disperso in decine di liste, variamente distribuite. Del tradizionale centro, poi, di cui ad ogni elezione si parla, non vi è addirittura traccia. Vi è pertanto a Catanzaro il più grave dei problemi dai quali nascono tutti gli altri: l’assenza totale della politica. E ciò è dovuto anche alla “costretta” distrazione dei cittadini, sempre più distanti dalle istituzioni, vuoi per responsabilità di poteri chiusi nel loro cinico cerchio magico, vuoi per le fatiche esistenziali scaturenti dalla grave situazione economica che crea le nuove povertà: dei territori, delle famiglie, delle persone. È evidente, pertanto, che se la consultazione del 12 giugno non decreterà una buona amministrazione guidata da un sindaco coraggioso, fattivo e creativo, affiancato da un consiglio comunale di alta qualità culturale, politica e morale, Catanzaro e tutta intera la Calabria avranno perso la più straordinaria delle occasioni per un reale riscatto dalle antiche contraddizioni e per un rilancio delle ancora intatte grandi potenzialità. Adesso chiudo la finestra e attendo che i cittadini trovino il coraggio di una scelta consapevole. Quindi democratica. Moralmente alta.

Stefania Valente