di Margherita Corriere

Di piccole grandi donne che, con il loro esempio attivo e costante, stanno migliorando il mondo ce ne sono numerose. Questa volta parlerò di tre di loro, che si sono distinte per la promozione di diritti fondamentali per l’umanità, quali il diritto allo studio e il diritto alla vita.

Malala non è stata fermata da quei tre colpi di pistola sparati nell’ottobre 2012 contro di lei, perché i talebani consideravano un grosso pericolo la sua passione per lo studio e la lettura. Ce l’ha fatta, è andata avanti nella sua battaglia civile a favore dell’educazione e libertà femminile, che da tempo, coraggiosa e ferma, combatteva apertamente contro i talebani.

Fu infatti sottoposta ad un delicato intervento di chirurgia ricostruttiva del cranio a Birmingham, dove ormai Malala vive con la sua famiglia e dove ha continuato i suoi studi. I talebani hanno sempre continuato a minacciarla di morte, ma lei, impavida, il giorno del suo sedicesimo compleanno, ha tenuto un indimenticabile, appassionante discorso, sostenendo che nessun bambino, nessun ragazzo avrebbe dovuto avere paura di andare a scuola.

Malala, per la sua attività contro l’oppressione dei bambini e della bambina, in particolare, e per il loro diritto all’istruzione, venne insignita nel 2014 del Premio Nobel per la pace.

È figlia di un insegnato e attivista pakistano e il suo nome ricorda quello di una grande donna afgana che perse la vita sul campo di battaglia contro l’occupazione britannica. Il padre, Ziauddin Yousafzai, che l’ha sempre sostenuta nelle sue iniziative, a chi gli chiede cosa ha fatto per rendere la figlia così forte ,  risponde sempre con  queste parole molto significative  : “Non chiedetemi cos’ho fatto, chiedetemi cosa non ho fatto. Non le ho tarpato le ali, tutto qui”.

Interessante è il suo libro autobiografico “Io sono Malala”, come altamente ricca di importanti significati la sua famosa affermazione “Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo”.

Muzoon Almellehan nel 2013 era costretta ad abbandonare la Siria con la propria famiglia a causa della guerra civile. I genitori le avevano raccomandato di portare con sé solo lo stretto necessario, ma la ragazzina aveva riempito la sua borsa il più possibile di libri; il padre la rimproverava, ma lei si giustificava, affermando “Se non potrò andare scuola, almeno potrò studiare su questi libri.

Sono il mio futuro”, Nel campo profughi la ragazza riprendeva a studiare, ma si rendeva conto che tanti giovani e, soprattutto, tante ragazze non erano in grado di farlo, perché molte di loro avevano abbandonato gli studi per sposarsi giovanissime. E allora, di sua iniziativa, la ragazza incominciò a girare le tende dei profughi per convincere i genitori a mandare a scuola i propri figli, perché era importante per dare loro la possibilità di un futuro migliore. Nel 2017 Muzoon Almellehan è stata la più giovane ambasciatrice di buona volontà dell’Unicef per l’impegno profuso a favore del diritto all’istruzione delle bambine.

Emma González nel febbraio del 2018 era sopravvissuta al massacro avvenuto  in Florida alla Marjory Stoneman Douglas High School di Parkland ,  in cui  era rimasti uccisi  a colpi di arma da fuoco 17 persone, tra studenti e insegnanti.

Emma però non si è fermata solo a piangere gli amici morti, ma , insieme con altri studenti,  si è resa parte attiva contro la liberalizzazione dell’acquisto di armi  che vige negli USA e  ha organizzato “The March for our lives” , portando in piazza oltre due milioni di persone , richiedendo nuove e urgenti leggi più rigide e severe per l’acquisto ed il possesso di armi . E prosegue la sua battaglia ancora oggi con risolutezza insieme con sempre più numerose persone. Queste giovani dei nostri tempi sono di esempio a tutti noi , dimostrando un alto senso di responsabilizzazione e la presenza di grandi valori per i quali combattono a testa alta e con fermezza le loro civili battaglie.