“Nel giornalismo, l’intervista è la riproduzione scritta di un dialogo, in cui un giornalista pone delle domande al fine di ottenere delle informazioni dall’intervistato”. Così Wikipedia. Riflettendo su questo breve passaggio, Casinistanews comincia la pubblicazione di “4Domande A…” La scelta di partire con Roberto Riccardi non è casuale. Anzi, il motivo scaturisce da una data: quella del 2 novembre scorso, ossia i 2 anni dalla morte di Alberto Sed, uno dei reduci dell’olocausto. Roberto Riccardi è stato uno dei primi a raccontarne in un libro la storia della deportazione nel campo di concentramento di Auschwitz. Tornando a “4DOMANDE A….”, Roberto Riccardi è un generale di Brigata dell’Arma, attualmente dirige il comando carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale. Ha pubblicato diversi libri, ottenendo importanti riconoscimenti di critica. Non solo, ha partecipato alla scrittura di copioni della serie “Don Matteo” con Terence Hill. Non sono mancati i fumetti e, per concludere, ha diretto il mensile dell’Arma, “Il Carabiniere”.

Come è nato il primo libro (“Sono stato un numero”) che ha fatto da apripista a una carriera di successi?

Non so se il mio percorso da autore si possa definire tale. So invece molto bene cosa mi ha indotto a scrivere “Sono stato un numero”, la biografia del sopravvissuto ad Auschwitz che è stato il mio primo libro. Sono essenzialmente due ragioni: la prima è la rabbia, avendo conosciuto Alberto, nell’ascoltare quanto male sia stato fatto a lui e alla sua famiglia; la seconda è la passione per la scrittura che ho avuto fin da bambino. Prima o poi doveva trovare sfogo.

A quale libro sei maggiormente legato?

I libri sono come i figli ed è innaturale amarne uno più degli altri, ma succede di avere un rapporto particolare con una storia, perché magari riflette di più ciò che siamo o che amiamo. Ritorno a “Sono stato un numero” per l’affetto immenso che mi ha legato ad Alberto fino all’ultimo giorno della sua vita e aggiungo “Undercover”, un noir in cui emerge il tormento interiore di un investigatore chiamato ad assumere un’identità di copertura. È difficile spiegarlo con parole di verità, per farlo sono ricorso a un’invenzione narrativa.

Scrittura e Arma, c’è qualche simbiosi?

Credo che la scrittura sia trasversale, rispetto all’attività lavorativa eventualmente svolta. Ci sono autori che fanno solo quello, altri sono medici, avvocati, chimici o carabinieri. Ma chiunque abbia la passione del romanzo scrive di cose che conosce. Dunque anche nel mio caso è inevitabile il riferimento all’Arma, il lavoro che ho abbracciato senza esitazioni e che costituisce un pezzo fondamentale della mia esistenza.

Quale libro consigli a chi vorrebbe diventare scrittore?

Ne avrei decine. Consiglio di leggere tanto, perché la scrittura si nutre di se stessa (= bisogna fare esercizio) e si nutre di lettura (= bisogna imparare dai grandi maestri). Personalmente amo molto la narrativa italiana del Novecento. Se devo citare un romanziere, è Luigi Pirandello. Per la poesia il mio primo nome è Shakespeare. Magari è una risposta scontata, ma è quella vera.

Astolfo Perrongelli