Il Comune di Lamezia era commissariato per mafia (e te pareva…). I commissari (insediatisi il 20 novembre 2002, restano al Comune fino al 19 aprile 2005, il periodo di commissariamento più lungo della storia del Municipio lametino) erano: Giorgio Criscuolo, Paolo Pirrone

(che rimase innamorato della città) e Mario Tafaro. La guerra di mafia (la terza) nel 2003 era al culmine (era iniziata da 3 anni visto che il primo omicidio che scatenò la faida avvenne il 29 settembre del 2000). In mezzo alla guerra di mafia due omicidi eccellenti: quelli dell’avvocato Torquato Ciriaco (marzo 2002) e dell’imprenditore Antonio Perri (marzo 2003). La politica nostrana, in quel periodo, era più che altro impegnata a riposizionarsi

(il tema dominante era la ricerca di eventuali complotti contro la città e la responsabilità per lo scioglimento per infiltrazioni mafiose e, ovviamente, la legalità nelle istituzioni) visto che il Comune era commissariato, salvo schierarsi con i commercianti per il no al mega centro commerciale “Borgo Antico” dell’imprenditore catanzarese Floriano Noto. Insomma non ci si annoiava e, soprattutto, c’erano tanti e tali argomenti da approfondire considerato che in quel periodo il mondo della comunicazione (e in particolare del giornalismo) non era stato ancora reso più comodo e “ridimensionato” dalla rete e dai social. Ancora si usava il block notes (o il primo pezzo di carta, che in parte ancora conservo, che ti veniva davanti sulla scrivania mentre stavi raccogliendo le dichiarazioni di qualcuno al telefono), le interviste si facevano al telefono o in presenza ma con il registratore (che sul più bello si scaricava, soprattutto quando dovevi sbobinare e andavi avanti e indietro perchè immancabilmente non si capiva bene una parola). E ancora: i comunicati stampa (che giungevano via fax con la carta termica) erano da “impastare” per riuscire a produrre un ottimo “pastone” (il copia e incolla dalla mail era ancora nel “grembo”). Credo che quegli anni, dunque, siano stati gli anni del traghettamento fra giornalismo “sudato” (quindi quello vero) e giornalismo “comodo”. Ma è chiaro che per fare un buon lavoro serve non una squadra, ma la squadra. E questo a Lamezia è accaduto anche perchè le basi c’erano ed erano rappresentate, prima di tutto, dai mezzi (quelli economici a parte). E ciò dalla nascita dell’Ufficio di corrispondenza di Lamezia Terme, staccandoci dunque dalla redazione di Catanzaro. A marzo del 1998 lo proposi all’allora direttore del Quotidiano della Calabria Ennio Simeone, trovai la sede (via Pasquale Celli dove intanto io gestivo una radio privata), Simeone venne e accettò. Nel 2000 l’Ufficio di corrispondenza si trasferì in via Leonardo da Vinci (gestivo anche qui la radio) a due passi dal tribunale, e qui rimase fino a gennaio del 2003.

A febbraio dello stesso anno il trasferimento in via Trento. Il Quotidiano della Calabria a Lamezia cresceva (come la concorrenza) ma per “sfondare” aveva bisogno di più mezzi e risorse umane (a mio avviso) così come in qualche occasione dissi al direttore Simeone. Che, evidentemente, riuscì a cogliere la mia appassionata idea. Il primo passo fu l’arrivo a Lamezia di Astolfo Perrongelli che completò la squadra, e poi – visto che si stava crescendo – sollecitando l’azienda a fare uno sforzo per trasferirci in una sede più consona. Ed ecco che a giugno del 2004, dall’angusta “stanza” di via Trento dove perfino riuscivamo ad essere in 4 o 5 mangiando pizze specie in tempo di elezioni e nei giorni degli interminabili consigli comunali (in un appartamento che condividevamo con un’agenzia pubblicitaria di un mio amico che mi fece il favore di cedermi una stanza) il trasferimento in via Virgillo (nella centralissima via XX settembre). Da qui iniziammo a prendere il volo nonostante all’inizio io e Astolfo sembravamo come due galli nel pollaio (io, che avevo messo su l’Ufficio di corrispondenza anche con sacrifici personali, potevo accettare che uno di Cosenza venisse fresco fresco a fare il bello e il cattivo tempo a casa mia?) ma pian piano e con in mezzo litigate che però poi rientravano nei giusti binari (magari con una salutare cena e a volte anche pranzo) la squadra prese forma e, soprattutto, si coalizzò riuscendo così a far fare quel passo in più al Quotidiano della Calabria. Il tutto però non si sarebbe mai potuto realizzare se fosse mancata l’umanità fra di noi che, ancora oggi, resiste anche con un po’ di immancabile nostalgia.

Pasqualino Rettura